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“La corruzione produce povertà: reagire!”

Francavilla al Mare (CH), 24 novembre 2010

 

Ci sono incontri che fanno bene al cuore, perché hanno il sapore buono dell’onestà, della limpidezza, della giustizia, della speranza e di tutte quelle virtù che rivelano la presenza di Dio in un mondo ferito dall’odio e dall’ingiustizia.

In data 24 novembre il Museo Michetti di Francavilla al Mare (CH) ha ospitato uno di questi incontri dal tema: “La corruzione produce povertà: reagire!”. Promosso dal C.I.S.S. (Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo), la cui attività principale consiste nell’approfondimento e diffusione della dottrina sociale della Chiesa integrata con i principi etico-politici di Don Luigi Sturzo. Il Convegno è stato introdotto dall’ Avv. Paolo Arquilla, Segretario Generale del C.I.S.S.e Presidente dell’ “ Istituto Abruzzese Ricerca e Formazione”, che ha sottolineato come il tema non vada letto in chiave giustizialista e come l’eticità non possa essere soggettiva e dal Dott. Giovanni Palladino, economista, Presidente del CISS. Il dott. Palladino ha iniziato il suo intervento introduttivo affermando che il Convegno ricalcava l’ “Appello contro la corruzione” del Prof. Marco Vitale, relatore assente per motivi di lavoro e che andava considerato come un’ “Azione di Buona Cultura, di incivilimento”, di sprone al Bene comune, giacché solo la buona cultura può cambiare l’azione di governo e far diventare un Paese civile, solidale, caritatevole. Ha poi aggiunto che il binomio Rinascimento-Rinnovamento può fare molto contro la corruzione che produce povertà.

Citando il passo del vangelo di Matteo cfr 20,25ss, ha sottolineato la differenza tra “ io servo e io mi servo”. A tal riguardo ha ricordato un dialogo tra suo padre e Don Sturzo: correva l’anno 1958 e Don Sturzo fece leggere al prof. Palladino, suo grande amico e confidente, un infuocato articolo contro la gestione della politica da parte di Enrico Mattei per poi inviarlo al Giornale d’Italia. Letto il contenuto, il prof. Palladino consigliò a Don Sturzo di essere più cauto ma questi non volle correggere nulla, chiosando: “le rovine morali derivanti dallo Stato imprenditore potranno causare danni irreparabili, molto più gravi di quelli causati da Mussolini a seguito della guerra”. Da profeta qual era, Don Sturzo intravedeva già la corruzione morale dei nostri giorni derivante da un cattivo uso del denaro e i pericoli che si annidano in una politica che non serve l’uomo, ma si serve dell’uomo per i suoi interessi.

Le conseguenze di tali pericoli sono state il fulcro dell’intervento del magistrato Gaspare Sturzo, pronipote di Don Luigi. Partendo da un articolo di Alberoni su “l’incialtronamento nazionale”, con profonda lucidità egli ha passato in rassegna tutti i mali che affliggono la nostra Italia: corruzione, criminalità, associazioni mafiose, conflitto di interesse per constatare quanto il nostro Paese sia ancora lontano dagli ideali sturziani: i principi della Carta Costituzionale, il perseguimento del bene comune, le basi di una buona politica. Tuttavia, tra la realtà drammatica che viviamo e l’alto ideale cui aspiriamo, c’è quel dovere che il sacerdote calatino chiamava sempre in causa, ossia la responsabilità personale perché, come sottolinea anche Benedetto XVI, oggi il problema è morale, risiede nel cuore dell’uomo e riguarda tutti e bisogna evitare che la crisi morale diventi anche crisi di speranza.

Per questo motivo, conclude Gaspare Sturzo, resistere e fare appello solo alle leggi come unica tutela e garanzia, oggi non è più sufficiente, occorre fare di più, occorre “re–agire”, ossia tornare ad agire, tornare a compiere il bene e rifiutare il male. Da dove partire? Proprio dal principio di “incivilimento” di Don Sturzo che con lungimiranza cento anni fa ha saputo profeticamente leggere questo nostro tempo e dalla lotta alle “ tre male bestie” che Sturzo individuava nello statalismo, nella partitocrazia, nel debito pubblico, alle quali il relatore ha aggiunto come quarta la mafia.

Sono poi seguite le immagini del Convegno Internazionale Sturziano – Catania 2-4 ottobre 2009- svoltosi in occasione del centenario della morte di Don Sturzo, promosso dal Rinnovamento nello Spirito Santo e dalla Fondazione “Istituto di Promozione Umana Mons. Di Vincenzo>>, che ha dato vita al Polo di Eccellenza Sturzo, che sorge a Caltagirone nel Fondo rurale Sturzo: un’opera sociale volta al reinserimento nella società di detenuti ed ex detenuti attraverso il lavoro.

“Quanto si fa a Caltagirone e si farà attraverso ANReL (Agenzia Nazionale Reinserimento e Lavoro per detenuti e ex detenuti) in altre 5 regioni pilota in Italia, è un vero miracolo d’amore” così ha esordito Salvatore Martinez, Presidente del RnS. Pieno di calore e passione il suo intervento, nel quale ha fatto comprendere come “Reagire” non è giudizio morale ma è tornare a fare, a compiere il bene, a vivere il “Primato dell’Amore”. Ha poi annoverato tutte le meraviglie che si dispiegano ogni giorno sotto i suoi occhi: cuori incancreniti dal male e dall’odio tornano ad amare e perdonare; uomini che, attraverso il lavoro, recuperano la dignità perduta; famiglie che si ricostituiscono; il bene comune che si realizza nella pratica, senza arrovellarsi in mille teorie. Da dove traggono origine tutti questi miracoli? Sicuramente dall’Amore di Dio che può scuotere la coscienza sociale assopita; ma l’uomo può e deve preparare a Dio un terreno fertile su cui agire, attraverso il ritorno ad una fede pensata e coerente, ad un intimo rigore morale che rifuggono da quei peccati di cui spesso ci dimentichiamo, ma che sono i più ricorrenti: il peccato di omissione, dell’accidia, di non riconoscere il male come male, di abituarci e rassegnarci al male come uno status quo che è impossibile cambiare. “Cultura di Pentecoste- ha aggiunto Martinez- è tornare a pensare e agire in modo spirituale...essere disposti ad agire per il bene comune....ridisegnare prassi sociali sugli ideali sturziani e perseguire non tanto un umanesimo integrale, quanto trascendente”. Don Sturzo, oggi come 100 anni fa, insegna che per l’uomo, e ancor più per il cristiano è un dovere contribuire al bene comune, partendo da quelle quattro “invarianti sociali” che rappresentavano anche 4 dei 12 punti dell’Appello ai liberi e forti, il programma in cui si articolava e nasceva il Partito Popolare Italiano (1919), ossia: famiglia, chiesa, cultura e lavoro.
“Un bene comune così inteso non discende da politiche statali, ma appartiene a movimenti, associazioni, famiglie, perché le leggi avvengono dal basso, come già Sturzo aveva compreso. Bisogna recuperare l’etica delle virtù – ha sottolineato il relatore- citando il card. Bagnasco; oggi più che mai c’è bisogno di laici virtuosi che sappiano indicare Dio al mondo e sappiano conquistarlo con il fascino di una virtù rara, ma linfa vitale della nostra fede: l ‘amore! . e – ha continuato- ricreare una coscienza morale è opera educativa!”. Infine si è soffermato sul principio di “sussidiarità orizzontale positiva”, affermando che lo Stato deve riconoscere le iniziative che partono dalle forze sociali sane, dagli incubatori di buone prassi sociali, che portano ricchezza spirituale , amore, creatività, competenze...

Di qui, allora il senso ultimo di una giustizia riparativa come quella proposta da ANReL, che si pone l’obiettivo di stroncare la recidività. Una giustizia che dà a tutti, secondo i meriti, nell’onestà ed equità. Nel narrare il travagliato e contrastato inizio che ha portato alla nascita del Polo d’Eccellenza e dell’ANReL, Martinez ha ricordato come a lamentarsi sia stata gente a lui vicina, genitori che vedono a casa i loro figli laureati, disoccupati, mentre si dava lavoro ai detenuti. “Ma gli ultimi – ha concluso Salvatore – avranno sempre bisogno dei primi e i primi degli ultimi! Gli ultimi si occuperanno di un’azienda agricola, ma questa avrà bisogno di agronomi specializzati per rendere il più possibile; gli ultimi lavoreranno la ceramica, ma artisti laureati insegneranno loro le tecniche. Gli ultimi, allora, prendono per mano i primi e questi faranno un passo indietro per tendere loro la mano”.

Certo…, incontri del genere fanno bene al cuore perché raccontano miracoli, profumano di sogni, di utopie che diventano realtà e instillano nel profondo il desiderio di essere migliori.

Giovanna Buono


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